VENERE pudìca - S. Botticelli
Aggiornamento: 31 lug 2020
La Venere di Botticelli.
È conosciuto da tutti così, questo quadro che nella Galleria degli Uffizi – Firenze, dove si trova – porta il titolo di “La Nascita di Venere”.
È una tela enorme, anzi: sapete la verità? Sono due tele cucite insieme! Per un totale di 1, 85 mt per 2.86 mt: forse tu sei alto 1,86 mt o magari il tuo migliore amico, e poi lunga quasi 3 mt, ovvero 3 lunghi passi … non se ne trovavano mica, tele così grandi! E poi di lino, questa stoffa che a toccarla è un po' graffiata, più rigida delle lenzuola e fresca. Magari hai una camicia di lino, tu, proprio ora mentre ascolti.
E su questo gran rettangolo, al centro c'è Venere, la famosa dea della bellezza.Lei, quella di Botticelli, in realtà è Simonetta Vespucci (proprio come quell'Amerigo che diede il nome all'America, proprio quella famiglia), una ragazza, Simonetta, di cui – si dice – Sandro fosse innamorato. Ma i pettegolezzi sono tanti e alla gente piaceva parlare anche nel '400. Simonetta è morta a soli 23 anni, dopo essere stata ritratta più e più volte, tanto da essere un po' la musa del Rinascimento, per pittori e poeti.
Venere è una donna, piccola quanto una donnina reale, nuda e morbida e dai lunghissimi capelli ondulati. Ed è su una grande conchiglia che viaggia sull'acqua di un mare pulito, è ormai a riva. Tendi le braccia davanti a te e unisci le mani, crea un cerchio con le tue braccia: questa è la dimensione della conchiglia. Rivolta verso l'alto, galleggia. E su di lei, in piedi e timida, questa ragazza, la cui pelle è liscia e sa di mare come l'interno di questo guscio. Avete mai assaggiato la pelle dopo un bagno in mare? È salata, appena, ed è molliccia. Profuma di calma. Venere è in piedi e il suo corpo disegna una curva: è poggiata interamente sulla gamba sinistra, ben tesa. Provateci anche voi a far la posa della Venere Simonetta: tutto il peso sulla gamba sinistra, la destra è quasi sollevata e sfiora il pavimento, sembra che voglia nascondersi dietro la sinistra, tanto le è vicina. Il busto ben eretto e le spalle basse, il braccio destro è piegato, il gomito al costato e la mano al petto, copre il seno destro. Il braccio sinistro è lungo il busto, accompagna il costato e finisce con la mano che nasconde il pube: ha una ciocca di capelli tra le mani, per nascondersi, questo capelli lunghissimi ondulati più del corpo sinuoso e storto.
Ha una pancia ipnotica, sembra fatta di pesca bagnata, niente peluria, solo quel gonfiore sodo che ad accarezzarlo disegna una collina, e salendo, sullo stomaco, altre piccole dunette, come muscoletti definiti. Il seno sinistro ha il capezzolo scoperto: è tondo e alto, un po' più grande del palmo di una mano. Il collo lungo ed il viso reclinato verso destra, appena. Tutto incorniciato dai capelli lunghi e mossi, legati in una coda distratta tanto che le ciocche le svolazzano tutt'attorno, un po' davanti e tante dietro.
Sapete? Botticelli per dipingere i riflessi dei suoi capelli e renderli preziosi, ha usato l'oro: piccoli frammenti di sfoglie d'oro che trafiggono i capelli come schegge.
Vedo il nastro attorcigliato tra i capelli. Le soffia in faccia quel vento di quando hai il finestrino aperto, in macchina, e tutto il corpo è a posto e riparato, e si scompigliano solo i capelli che scoprono il viso.
Quanto è grande il tuo dito?
Hai una monetina? Quella dei 10 cent di euro. Accarezzala: c'è un volto disegnato. È lei: Venere, proprio Venere Vespucci. Oggi è tra le dita di tutti.Il suo sguardo è nostalgico, guarda nel vuoto come stesse pensando a qualcosa, ma con un sottile ghigno a labbra chiuse. Ha gli occhi calmi e grandi, di chi sospira col naso, ti guarda e prova un po' di compassione. Eppure è timida, lei, questa venere che cerca di nascondere il suo corpo tra i capelli.
Pudica.
Così è chiamata in arte, questa posa innaturale e scomoda.
È innaturale, la posa e la bellezza.
Questa immagine non ritrae davvero Simonetta, ma usa la ragazza che Botticelli ha deformato per rispettare canoni di una bellezza impossibile. Una bellezza filtrata e irreale.
E tutte le donne dell'epoca e delle epoche dopo rimpiangevano la fortuna di quella Musa ritratta, rimpiangendo e invidiando un corpo che Simonetta Vespucci non ebbe mai, desiderando di essere quella ragazza immortalata per sempre sulle tele e dentro le poesie, immortalata eterna e mortalmente debole, di una vita de toccò a malapena due decenni.
Sai qual è la cosa divertente?
Venere è la dea della bellezza. E questa qui ritratta non è la sua nascita: è il momento in cui arriva sull'isola di Cipro su di una conchiglia sospinta dal vento.
Venere nasce dalla spuma marina: il Dio Crono – il tempo – evira suo padre Urano. I genitali di Urano precipitano in mare e incontrano la spuma dalla quale, pura, si solleva questa Dea: Venere. Afrodite. Nasce dalla spuma e NON dalla conchiglia.
Non è una perla, è una Venere pudìca e celestiale appena nata, NON nascente.
Celestiale?!! Pudica?!! Per niente! Venere è la dea più peccaminosa dell'Olimpo.
Ma questa è storia greca e ne parliamo un'altra volta.
I capelli scompigliati e la conchiglia sospinta dal vento: Zefiro, è il vento.
A sinistra della tela c'è un uomo, un ragazzo? Senza età. Vola, i suoi piedi non toccano l'acqua. Ha delle grandi ali folte di piume schiacciate dal bordo superiore della tela, un fisico possente e ben scolpito, seminudo, avvolto in una striscia di lenzuolo gonfio di vento e brezza di mare. Il corpo del Dio Zefiro e intrecciato a questa stoffa ed alle braccia di una donna, anche lei alata. I loro corpi sembrano un unico blocco di carne pulita e fresca: lui e inclinato in avanti, il corpo rigido e i muscoli tesi e forti, sta soffiando, ha le guance gonfie e soffia, soffia a muso stretto e le sopracciglia corrucciate, soffia e forte e vedo l'alito spinoso verso Venere, come piccole lame sottili. Soffia e i suoi capelli, del ragazzo, volano tirati indietro e sento il soffio nelle orecchie, fffffff
il braccio destro teso e contratto, gonfia il pettorale, il braccio sinistro è forte e regge la ragazza, come un cerchio attorno alle costole di lei. Lei, avvinghiata a lui, le braccia attorno al petto, le dita intrecciate sulla costola del dio, e le sue gambe – della donna – cercano di agganciarsi a quelle del ragazzo. La gamba destra di lei come un uncino, acchiappa la coscia di lui, lottando contro il vento e il movimento, il vento in faccia e loro volano e combattono contro l'aria che trapassa e sposta i veli. Sono nudi e soffia lui e soffia lei.
E attorno a loro, strapazzate da vento, decine di rose piovono e danzano, e non capisco se siano cadute dal cielo, nate dai corpi o salite dall'acqua del mare là sotto.
La donna avvinghiata dai lunghi capelli, anche lei, sembra essere sorella della Venere, tanto le somiglia. Gli storici dell'Arte e dell'Iconografia dicono essere Aura o Bora. Un altro vento un po' più debole. Bora.
Sapete che questa parola esiste in tante lingue? Ed è sinonimo di un vento solo in italiano?Esiste turco, Bora, e vuol dire tempesta.
Esiste in albanese, Bore, ed indica la neve.
Esiste perfino in coreano e Dio solo sa se ho sbagliato tutte le pronunce: Bora in coreano indica un colore, viola porpora, che ha il sapore del vino fermo, stantio di botte, che se lo bevi, poi, hai la lingua polverosa.
In basso, sotto Zefiro, a sinistra, qualche spiga lunga e secca, spunta dall'angolo del quadro.Quando tocchi una spiga, punge i polpastrelli, sembra liscia, ma se l'accarezzi in contropelo, sembra quasi appiccicosa e prude e fastidiosa.
A destra in basso c'è la riva.Intensa e umida di stagno, non c'è vento in basso, ai piedi.Vedo i piedi di una donna, un po' fluttuante e ben vestita: credo sia la Primavera.
Il profilo perfetto, un naso dritto e fronte piatta.
Ha le labbra ben serrate e concentrate: guarda Venere che arriva. Sta aspettando.
Anche lei ha i capelli lunghi raccolti in una treccia, scompigliati un po' dal vento tamponato dalla Venere. Ha un abito rigonfio di vento e stoffa, sembra soffice come una poltrona in piuma d'oca, come un piumone arruffato in fondo al letto, gonfio e tondo, sa di ammorbidente ai fiori di lavanda. Anzi no: sono primule e margherite, forse. Ricamate.
Hai mai accarezzato quel lenzuolo della nonna ricamato a mano?
Tanti piccoli ricami, come bulbi di pelle d'oca.
Attorno al collo e al petto ha una collana di foglie, come fosse una pelliccia nobiliare.
Il braccio destro è teso in alto e allunga una stoffa, una stola, anche questa tutta ricamata:
la tende a Venere, affinché si copra. Svolazza al vento anche il mantello floreale e ricamato, e non so dire se la donna Primavera vuol rimproverare Venere delle sue nudità o l'aspetta a braccia aperte per proteggerla dal vento e dalla vergogna che non prova.
In alto a destra, sulla testa della Primavera, ci sono foglie di alberi alti come i corpi.
È tutto surreale, sembra un mondo come il nostro, ma deviato, come l'internet virtuale, dove scegli dimensioni, canoni e colori.
Tra le foglie e sui petali dei fiori, come tra i capelli della Venere, ci sono spilli d'oro. A questo punto mi sembra d'obbligo una puntualizzazione.
Sandro Botticelli fu pittore in tutto il Fine Quattrocento.
Nasce a Firenze, terra patria della Venere ma uscita dal confine cittadino.Sandro nasce in via del Porcellana: curioso questo nome che sembra essere perfetto per descrivere la pelle e volti opachi dei protagonisti dei suoi quadri.
Suo padre concia pelli. Suo fratello, il grande, Antonio, è un orefice. Anzi, no: è un battiloro, batte l'oro. Una tecnica per creare laminelle d'oro o argento, battendone pezzettini tra due pelli fino ad assottigliarle. Sandro fa esperienza i primi tempi col fratello. Batte l'oro, è un battiloro o battigello. Botticello.
E quest'oro impreziosisce anche la nascita di Venere, che come vi ho già detto, in questo quadro è già ben nata. E forse il titolo è sbagliato perché la scena è questa dea che approda a Cipro. Ed in effetti il titolo è attribuito solo nel 19° secolo.
Il quadro è tempera su tela: tempera è quel colore che di solito si usa per gli affreschi, sopra i muri, e si sfarina e tende a perdersi. E invece Sandro pensa bene di dipingerci sul lino.
Sai un segreto non segreto?
Botticelli dipinge questo quadro al suo ritorno da Roma, dopo aver lavorato sulle mura di una chiesa che conosci di sicuro. Una cappella. Sistina.
Ebbene sì, ha partecipato anch'egli a questa opera divina. Ma non fu così apprezzato: tu non dirglielo però! In fondo fu personalità stimata: interpellata anche quando si decise come e dove collocare il sommo David.
Tornato in patria ha dato vita a questa icona di bellezza universale.Il quadro ora è agli Uffizi, ma all'inizio fu nell'Accademia della Crusca, la Villa Medicea: l'emblema della bellezza nel tempio della lingua.
Il quadro è tempera su tela: tempera è quel colore che di solito si usa per gli affreschi, sopra i muri, e si sfarina e tende a perdersi. E invece Sandro pensa bene di dipingerci sul lino.
Sai un segreto non segreto?
Botticelli dipinge questo quadro al suo ritorno da Roma, dopo aver lavorato sulle mura di una chiesa che conosci di sicuro. Una cappella. Sistina.
Ebbene sì, ha partecipato anch'egli a questa opera divina. Ma non fu così apprezzato: tu non dirglielo però! In fondo fu personalità stimata: interpellata anche quando si decise come e dove collocare il sommo David.
Tornato in patria ha dato vita a questa icona di bellezza universale.
Il quadro ora è agli Uffizi, ma all'inizio fu nell'Accademia della Crusca, la Villa Medicea: l'emblema della bellezza nel tempio della lingua.
Penso ci sia un'ultima ironia che poi è un po' triste: in quest'oggi, dove tutti ci battiamo per democratizzare la bellezza e rompere i sigilli dei canoni femminei, pensando “ehi, in passato, guarda come la bellezza era diversa e naturale, guarda come le forme della donna erano umane”. Ogni volta che si elogia la bellezza del passato perché meno magra e soda, ogni volta che crediamo che nei secoli passati Bello fosse il corpo vero. Non è vero.
Il corpo in Arte è deformato, estetizzato, esagerato in forma inesistenti. Corretto, in quelle forme che consideriamo errate. Oggi come allora.
E quel Rinascimento nasce dall'estetica Umanesima: dove è lecito sacrificare l'anatomia reale in cambio di bellezza e armonia. In una finta simmetria e profili illusi di una perfezione mai esistita.
Botticelli non si è inventato nulla.
È tutto scritto, tutto quanto raccontato da un signor Angelo Poliziano. È il poeta del Rinascimento e – guarda un po' il destino – anch'egli scrive pensando e raccontando quella bella Simonetta. E dice questo:
Una donzella, NON con uman volto, da zefiri lascivi spinta a prodagir sopra un nicchio, e par ch'el ciel ne goda. Vera la schiuma e vero il mar, diresti E vero il nicchio e ver soffiar di venti, la dea negli occhi folgorar, vedresti e il ciel ridergli attorno e gli elementi l'Ore premer l'arena in bianche vesti: l'Aura incresparle e' crin distesi e lenti: giurar potresti che dall'onde uscisse la Dea premendo con la destra il crino, con l'altra il dolce pomo ricoprisse; e stampata dal piè sacro e divino, d'erbe e di fior la rena si vestisse; poi con sembiante lieto e peregrino dalle tre ninfe in grembo fosse accolta, e di stellato vestimento involta.
Chissà se ti ho annoiato, leggendo queste righe: ma ci pensi? Sono il frutto scritto di più di mezzo secolo fa. Ancora non sapevano che esistesse il continente Americano.
Scoperto, guarda il caso, dal nipote della Venere Vespucci.
Comments