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  • Immagine del redattoreMayra Stella M.

ABBRACCIO accartocciato - E. Schiele

Se dico sensuale, cosa ti vene in mente?

Un odore?

Un sapore?

La superficie di un cuscino di velluto.

Un petalo, la foglia di basilico.

Croccante.

Uno spaghetto al pomodoro.

La carta stropicciata.

Un tocco, la stretta. L'abbraccio.

Come il titolo del quadro di Egon Schiele.

L'abbraccio. Gli amanti.

Due corpi che si afferrano nel 1917, in casa a Vienna.

Schiele è spesso liquidato con “erotico e tormento” nell'alone dell'artista maledetto.

Dipinge spesso nudi espliciti e fu accusato di pornografia e molestie.

Ma sai cosa pensava?

Nessuna opera d’arte erotica è una porcheria, quand’è artisticamente rilevante, diventa una porcheria solo tramite l’osservatore, se costui è un porco.

L'Abbraccio di Egon Schiele è un olio su tela, alta 1 mt e lunga 1,70 mt: in pratica un letto matrimoniale. Ma non c'è dipinto un letto: c'è una coppia accartocciata, in mezzo alle lenzuola, accartocciate pure quelle. Due corpi nudi in mezzo alle coperte ed ai capelli. Potrebbero essere anche sul pavimento: si capisce solo che sono distesi ed avvinghiati.

Sono a grandezza naturale o forse un po' di più. Due corpi stesi in linea obliqua, le teste in alto a destra e poi pian piano scendono in diagonale coi piedi nell'angolo a sinistra in basso.

Ecco: alza il tuo braccio sinistro, teso, in alto a destra, in diagonale davanti alla tua faccia.

Punta la mano in alto a destra: pronti?

Via.

A braccio teso taglia l'aria e abbassa il braccio lungo il tronco in questa linea diagonale che scivola da un punto al punto opposto.

Su questa linea obliqua c'è la coppia che si stringe – e poco importa che siano un uomo ed una donna – conta che sono due amanti nudi e tesi.

Nessuno dei due guarda te che stai davanti al quadro: è come se tu stessi lì a spiarli. Non sembra che si accorgano della tua presenza: sono intenti ad annusarsi, a stringersi, a infilarsi l'uno dentro l'altro. Si annusano e non è dipinto il volto.

L'uomo è un po' più in basso ed è di spalle: vedo la sua schiena muscolosa, la sua scapola a triangolo e i suoi glutei ossuti e scarni. Le gambe sono tronche e sprofondate nelle lenzuola. La nuca ed uno zigomo e l'orecchio un po' accaldato che sprofondano nel viso e nei capelli della donna catturata.

Così sembra la donna: catturata. Lei, accovacciata, con le ginocchia tirate su, che stringe tra gli stinchi e il pube nudo le lenzuola arruffate. In quella posizione che chiamano fetale. Ha il braccio sinistro agganciato al collo del suo amante e la sua mano tocca quel muscolo che ti fa male quando ti stringi troppo tempo nelle spalle, quel muscolo dove si annidano le ansie e le tensioni. La mano della donna arriva lì. E nell'incavo del gomito è adagiata la testa ricciolina del suo uomo che l'annusa e forse bacia il collo di lei. E lei sprofonda il volto nella sua stessa clavicola, in una torsione innaturale che sembra voler scansare il bacio dell'uomo. Lei ha una posizione della faccia che sembra volersi dare un bacio sulla spalla destra. Ha il gomito richiuso: la punta del suo gomito quasi tocca l'ombelico ed è bloccata dalla morsa del suo uomo che la stringe. Lei, schiacciata dal bicipite del maschio, spinge l'avambraccio contro il pettorale di lui e gli tocca con la mano destra quell'orecchio incandescente. Quasi vuole infilare la sua mano affusolata nell'orecchio del compagno.

Nel complesso e per colori, sembrano due pezzi di carne e nodi, come tronchi aggrovigliati di un ulivo e un altro accanto che ha intrecciato le radici e i rami e il tronco con violenza naturale di un abbraccio poco morbido.

Nodoso.

È la parola giusta per descrivere la superficie di questi corpi.

Schiele ha disegnato come un solco nella terra i contorni delle sagome: un tratto ben profondo che potresti infilarci un dito e sentiresti duro ed ispido come la corteccia di un albero bagnato. Chissà se anche quei corpi sono umidi di baci e di sudore.

Le linee, i lineamenti sono crudi e spigolosi.

Linea spezzata e nervosa, la definiscono gli storici dell'arte; dicono che ricalchi e rappresenti i risvolti psicologici di Schiele.

Questo potrei dirvi anch'io. Dovrei dirvi. Che Schiele era turbato e ossessionato dall'idea di morte ed eros.

Egon era un ragazzo di 27 anni quando ha dipinto questo quadro, questi corpi. Un ragazzo con gli occhi scuri e la fronte grande.

E la verità è che non sapremo mai cosa c'era oltre i suoi occhi tondi e la fronte spaziosa. Sappiamo solo ciò che c'è su quella tela: una linea spezzata, come il tronco nodoso di un albero secco del quale non potrai più conoscere i frutti. La sensazione che t'imprime questa immagine di corpi, è di qualcosa sigillato enigmatico e passato. Che ormai non puoi sapere cosa c'è stato. Come frutti mai assaggiati: saranno stati dolci, aspri, aciduli. L'ha saputo chi ha mangiato da quell'albero. Quell'albero oggi è morto. Come Schiele.

E gli sopravvivono solo le supposizioni saccenti di chi fa di tutta l'erba un fascio.

Una coppia di amanti che si abbraccia.

“con tutte le pene tra le loro braccia”

recita una poesia di Dylan Thomas.

Il rumore rimbomba accartocciando le lenzuola.

Esatto.

Sembrano davvero accartocciate le lenzuola in questa scena.

E se le tocchi, fanno il rumore dell'involucro del pane.

E fa rumore: rimbomba. Il 1917.

In quell'anno, se ci pensi, la Prima Guerra Mondiale era al suo culmine.

Mi chiedo cosa prova andando in guerra un artista.

Sai?

Anche Schiele prestò servizio militare.

Per la precisione, si sposò nel 1915 con una tale Edith. E quattro giorni dopo quelle nozze fu chiamato alle armi. Eppure tutto questo non gli impedì di lavorare ancora, dipingere ed esporre. Qualcuno dice che un ufficiale dalla mentalità più aperta trasformò un magazzino in uno studio per l'artista e che due anni dopo, proprio nel 1917, fu trasferito a Vienna e gli concessero di tornare per la notte a casa sua.

E in quelle notti dipingeva.

E questi amanti forse appartengono alle notti di rimbombi e nervi tesi di quell'anno.

Sarà lui?

Egon Schiele è l'artista che si è più autoritratto in assoluto. Sappiamo che possedeva un grande specchio d'armadio che gli era stato regalato dalla madre, dal quale non si separava mai. Davanti a quello specchio osservava, provava, definiva le pose. Gli interessavano i frammenti del corpo, la destrutturazione.

Scrive:

Quando mi guardo mi sento costretto a guardarmi anche internamente e a scoprire cosa voglio, che cosa avviene in me, ma anche a domandarmi fino a dove arrivano le mie possibilità di percepire, quali sono le mie capacità; di quali sostanze misteriose sono costituito e qual è quello predominante, che come sono in grado di riconoscere e che cosa ho riconosciuto in me fino ad ora.

In alto a destra della tela si allungano i capelli mossi della donna come un fiume di velluto che si intreccia al pavimento.

E in primo piano restano le mani femminili e dettagliate: le dita sono separate come ad indicare una feritoia, nel gesto della donna. È un gesto che Egon ripete spesso: è un gesto erotico di disponibilità sessuale, usato dalle cortigiane veneziane per attirare i clienti. Non sappiamo se il pittore conoscesse il significato si questo gesto rinascimentale, ma lo ripete spesso nei suoi quadri e nei disegni nudi. Ed al di là del gesto in sé , le mani compaiono spesso nei molti disegni del pittore.

Sai? In antichità per i pittori le mani erano un segno di bravura ed i ritratti si quotavano per numero di mani.

Ritratto senza mani? Prezzo tot.

Due mani, quattro mani? Il prezzo aumenta.

Ed i maestri che prendevano gli allievi a bottega, mai delegavano il dipingere le mani ai novellini.

Le mani.

Le tue che forma hanno?

E che profumo?

Sono ruvide?

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