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Immagine del redattoreMayra Stella M.

LA DANZA MUTA - H. Matisse

Aggiornamento: 1 ago 2020

https://open.spotify.com/episode/3pCiigdv2HpKMJcbiBtg9G?si=720dqUFISSyKpjaS80DdSwAvete mai sentito di Matisse? Un pittore francese, anche lui.

Tu semplificherai la pittura.

Gli disse un giorno un su amico e insegnante … tale Gustave Moreau.

Sapete, ho visitato la sua casa atelier a Parigi, la casa di Moreau, intendo. Un giorno vi racconterò anche di quella, promesso.

Ma torniamo al nostro amico Matisse: è stato uno dei maggiori esponenti di un gruppo rivoluzionario dell'arte di quell'epoca, che scelse il nome di Fauves.

Non volevo dilungarmi nelle parti storiche, in fondo siamo qui per parlare di colori, però vi confesso che non me la sento di mettere da parte il gruppo al quale Matisse è appartenuto: voi ve la sentireste di lasciare nell'ombra la vostra famiglia? O chiunque sia appartenuto al vostro percorso di crescita?

Ecco, i Fauves sono stati una famiglia. Una famiglia di esclusi.


LINK SPOTIFY: https://open.spotify.com/episode/3pCiigdv2HpKMJcbiBtg9G?si=720dqUFISSyKpjaS80DdSw


Dovete sapere che a Parigi, all'inizio del secolo scorso, si teneva una mostra annuale, il Salon d'Automne, che raccoglieva opere di vari artisti e tendenze. Nel 1905 – pensate: centoquindici anni fa! - accadde lo scandalo. Ci fu un gruppo che presentò lavori esuberanti e totalmente differenti dall'abitudine dell'epoca: fino ad allora, l'arte era considerato qualcosa di elegante, bella nella sua leggerezza. Armonia: penso si aspettassero, dai quadri, quella sensazione che hai quando accarezzi il velluto, senti i polpastrelli ovattati. O come quando mangi la panna: leggera e sdolcinata, così, tra la lingua e il palato e scompare all'improvviso. È grande eppure senza peso, anzi: sembra quasi che anche la lingua, le labbra, invase di quella leggerezza scompaiano. E se ne mangi troppa, ti senti stordito, non senti più gli altri sapori. E rischi la nausea. Così, l'arte prima di Matisse. Elegante, pomposa. Anestetizzante.


E poi loro, i Fauves. Colore, forte, violento, come una pentola bollente che prendi senza accorgerti che frigge.


Un barattolo di vernice è stato buttato in faccia al pubblico!


Così, disse Camille Mauclair, un noto scrittore e critico d'arte del tempo.Ecco, penso siano importanti le sue spiegazioni, per voi che non vedete: della vernice, all'improvviso sulla faccia. La sensazione di qualcosa che ti schiaffeggia all'improvviso, senza ragione, mentre sei lì ad aspettarti una carezza. Uno schiaffo umido, viscoso, con quell'odore forte di vernice, che ti si appiccica alle guance, non riesci ad aprir bocca perché puzza e perché non sai cosa dire. Violenza.Questo percepirono alla vista collettiva dei Fauves.


Ah, già, ma forse vi starete chiedendo perché Fauves?

Fauve significa “belva”. Ed è così che furono definiti da un altro critico – sempre a quella maledetta famigerata esposizione del 1905 – un tale Vauxcelles: nella sala espositiva c'era una scultura del grande Donatello. Giunto in sala, mentre Mauclair ancora si toglieva la vernice dalla faccia, lui, Vauxcelles, esplode: “Oh Donatello chez les fauves!” [Oh, Donatello tra le belve!]. Tanto aggressivo era l'impatto.


Ma ora davvero basta storia.Sennò aprivo un canale di Storia dell'Arte.Oggi voglio dipingere un girotondo: è noto come La danza. Un olio su tela, del 1910 e oggi conservato al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo. Fa freddo a San Pietroburgo. Meglio guardarlo di qui, il quadro.


Tela grande. Alta 2,60 mt: quasi due volte te, chiunque tu sia. Non ci arriveresti a toccare il bordo, neppure se saltassi con e braccia alzate: come avrà mai fatto a dipingerlo, Matisse? Con una scala suppongo.E largo 3,90 mt. Probabilmente più grande della parete di un qualunque muro di casa tua. Quanti passi devi fare per percorrere il perimetro intero di una stanza?

Questo quadro è più grande si una intera parete di casa.


Ci sono cinque persone che ci stanno a malapena in questo rettangolo di tela. Vi immaginate quanto sono grandi queste persone? Sono più alte dl soffitto e se le abbracciaste, sarebbero più simili a degli alberi.Sono cinque: tre donne e due uomini, mi sembra. E sono nudi.Hanno la pelle rossiccia, secondo e profuma di sole: sapete quando restate al sole per tanto tempo e le braccia, ad annusarle, sanno un po' di pollo bruciato.Hanno tutti i capelli lisci, non molto lunghi: le donne, fino alle spalle.Sono in cerchi e si tengono per mano, con le braccia tese, ma non rigide: solo aperte, come stessero abbracciando una grande palla d'aria. C'è tanto spazio al centro del cerchio e i loro corpi sembrano fluttuare.


Avete mai camminato nell'acqua, nel mare? L'acqua non vi permette di fare movimenti bruschi, è densa. E mentre cammini, sembra costringere le gambe a danzare, come passi di un balletto classico, come se, pur sollevando entrambe le gambe, quell'acqua non ti farebbe cadere. Ti dondola e quasi puoi sederti, su quella densità.Così: un girotondo fluido.


Voi da bambini giocavate a girotondo? È bello tenersi per mano. Senti il calore della pelle.È morbida la pelle?Ai due lati del rettangolo, due metri e mezzo, un uomo a sinistra, la donna a destra. L'uomo inarca la schiena indietro, forma un arco, ma è di spalle a me. Vedo la curva che forma col corpo, un ballerino di danza classica. Una coscia tesa indietro, vedo la tensione del polpaccio e del suo piede puntato, nudo, sull'erba.

Sfiora la mano alla donna in primo piano. Anche lei è di spalle ed è al centro della della danza, le cosce tornite, sembrano sode, si stira verso sinistra, verso l'uomo, ma tiene la mano anche alla donna alla sua destra. Quella donna, a destra, ha un ginocchio alzato: i seni sodi e la pancia tonda. Guarda alla sua destra la terza donna. Lei, la terza donna, nell'angolo in alto a destra, la testa reclinata, un piede alzato. Sembra assorta nei pensieri, gli occhi chiusi. È l'unico volto, il suo, visibile. I capelli lisci, raccolti dietro l'orecchio sordo. Sì, la sua espressione racconta che non può ascoltare il mondo attorno a lei. Sembra appartenere ad un universo parallelo.


Ma tiene le mani strette, strette ai suoi compagni, anche a quell'ultimo uomo che si snoda appena a sinistra, chiude il cerchio e tiene la mano al suo compagno ballerino.

Quest'uomo è di fronte a me che guardo, ma non lo vedo: la testa piegata, si guarda le cosce muscolose, un piede dietro l'altro polpaccio. Il ventre in avanti, è tondo come un uovo, liscio, senza peli. Nessuno ha peli, neanche sul pube. La pelle è vellutata come una pesca. Profuma un po' di primavera.

L'uomo guarda questo ventre tondo. Gli vedo la nuca e il dorso contratto.

Gli vedo un orecchio all'altezza di un capezzolo, il sinistro.

È l'unico capezzolo che vedo. Le donne hanno seni lisci come acini d'uva. O come Barbie.

Quest'uomo ha il capezzolo che guarda l'ombelico. Unici due punti che vedo indipendenti da una linea.


E tutti e cinque danzano una musica muta, fatti di pelle.Si muovono in un rettangolo fatto di cielo e prato.Il prato ondeggiante è verde: il verde sapete che odore ha? Quello dell'aria dopo il temporale, scuro, morbido, un po' di gomma. E di gomma sembra il cielo, azzurro acidulo, come la lavanda negli armadi delle nonne.


È una danza muta che nessuno può ascoltare.

Una danza che si vede, senza suono.


Ho detto ai miei giovani: “Volete dipingere? Allora dovete tagliarvi la lingua, perché la vostra decisione vi toglie il diritto di esprimervi in qualunque maniera se non con il pennello”.

Matisse durante un'intervista radiofonica nel 1942.

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