L'IMPERO coesistente - R. Magritte
Aggiornamento: 7 ago 2020
La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione.
Notte e giorno posso coesistere?
Può fare contemporaneamente buio e luce?
Puoi essere contemporaneamente triste e felice?
In fondo
forse
sì.
Gioia e tristezza possono coesistere. Nel pianto, per esempio.
Ed anche la notte e il giorno possono coesistere: come un'eclissi.
Come un impero così grande che non tramonta mai il sole.
Come un Impero delle Luci.
René Magritte.
L'Impero delle Luci, è il titolo del quadro.
C'è una casa, una villetta, in ombra. Un lampione ne illumina a malapena la facciata. È tutto buio e forse c'è un laghetto davanti alla villetta. Oppure è una pozzanghera. Vedo solo il riflesso del lampione. È tutto buio.
E il cielo è limpido e leggero come l'acqua fresca di fontana di paese. È un cielo così giorno che sento le campane della chiesa risuonare “è quasi pranzo!”
Ma sotto questo cielo, un mondo buio notte, quando il giorno è quasi morto e c'è silenzio.
Silenzio e suoni, luce e buio, giorno e notte sono nella stessa scena, sulla stessa tela.
Scrive questo, René Magritte, il pittore autore di questo quadro surreale:
Nell'Impero delle luci ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un cielo notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza Poesia.
Questo dichiara Magritte: vuole sorprendere e incantare, permettendo ciò che - di solito - la ragione non ci concede.
A dirla tutta, Magritte ha dipinto 3 versioni di questa stessa scena. C'è sempre una casetta in ombra, nella notte. Ed il profilo buio e un po' confuso bacia un cielo mattutino, sveglio e vivo.
La versione che descrivo è quella in mezzo, che oggi è conservata a Venezia, nella collezione Peggy Guggenheim: è una tela alta 1.46 mt, come una finestra, più bassa di tee larga 1.13 mt che forse è la dimensione del tuo braccio. O forse meno.
È dipinto ad olio e questo lo rende appena lucido come il vetro vero di una finestra un po' bagnata. E chissà se ancora conserva l'odore acre dei colori ad olio, come il profumo del muschio umido di bosco nelle mattine d'autunno, che pizzica il naso e starnutisci.
È il 1954, un giorno e una notte insieme.
Al centro della tela c'è questa casa, che un po' sembra una villetta, ma ha ben 3 piani e più di 12 finestre. Al piano terra le finestre sono tutte chiuse sigillate. E al piano sopra, solo un paio illuminate, lì a sinistra: c'è qualcuno dentro, la luce accesa. Davanti al palazzo c'è un albero alto il doppio dei tre piani, il tronco è alto e spoglio fino ad oltre il piano terra e i rami iniziano a infoltirsi proprio davanti alle finestre illuminate, un po' nascoste. Accanto all'albero che si alza fino al bordo della tela superiore, c'è un lampione. È un lampione basso, sarà lungo un paio di metri. È acceso anche il lampione. Si accendono all'imbrunire, quando fuori non c'è il sole. E se guardo bene il quadro, il cielo è chiaro, ma del sole neanche l'ombra.
Il lampione ha poca luce, ma abbastanza da creare una bolla di tristezza malinconica che sembra riflettere - sul muro retrostante - l'ombra di una porta inesistente.
Sì, sulla parete del palazzo vedo la sagoma sfuocata di una pensilina che non c'è.
Vedo il riflesso del lampione a testa in giù in uno stagno davanti al palazzo che arriva a toccare il bordo inferiore del quadro e quasi l'acqua scivola via dalla tela e sembra quasi che ti bagni, se ti avvicini ancora.
È un'acqua dettagliata di piccole e sottili pennellate che sembrano quasi schegge di un vetro rotto e se lo tocchi, puoi tagliarti i polpastrelli. Pennellate come lamelle dure e sibilanti. Appena dopo quel suono acuto di una bottiglia che si schianta in mille pezzi, quel rumore così fastidioso che ti fa strizzare gli occhi. Sapete quel rumore di tazzine dentro un bar?
Di quando sembra che con una bracciata scaraventino tutto in terra e la ceramica fa CLASH.
È uno stagnetto piccolo e circondato da un'erbetta corta e urticante pure lei. Se cammini a piedi scalzi, punge e pizzica e ti bagna. L'hai mai fatto? Camminare a piedi scalzi sull'erba bagnata, dopo la pioggia.
Senza pensare al terriccio fangoso.
Senza pensare che ti stai sporcando.
Senza pensare.
E basta.
Respiri solo odore di bagnato profumato.
Se hai una pianta sul balcone, vacci ora. Bagna un po' le foglioline e annusa forte.
Mi sembra non ci siano strade in questa scena.
Chissà come si arriva a quel palazzo.
Magritte ha 56 anni quando crea questa finestra su uno strano giorno-notte.
Cosa si pensa quando hai 56 anni?
Cosa si pensa se vivi a Bruxelles? Che tempo fa a Bruxelles?
Magritte ci ha vissuto per quasi 25 anni, qui con sua moglie.
Al 135 di Rue Esseghem.
L'ho cercato sulla mappa: c'è un lampione lì davanti, come quello del dipinto.
Niente alberi né laghetti.E in fin dei conti, quando René dipinse il quadro, era fuggito da Bruxelles: c'era paura dei tedeschi e dell'occupazione. La guerra, la Seconda Grande Guerra. Chissà com'era vivere la guerra e la paura.Intanto è in Francia, a Carcassonne, a Sud, fin dal 1940 ed anche 16 anni dopo, quando dipinge questa scena. Ho cercato anche questa città: Carcassonne; non assomiglia affatto al quadro. E sono certa che in questo impero delle luci c'è la nostalgia di un Belgio ormai lontano.
A destra accanto alla facciata del palazzo, c'è un cancello fatto di lance di ferro e due colonne mattonate. Anche a sinistra c'è un ingresso: sembra condurre a un bosco retrostante con sagome di alberi fitti e bui che continuano misteriosi verso destra, dietro un muro alto e spesso che recinta un perimetro infinito.
Dietro il palazzo c'è un bosco, ne sono sicura. E quasi sento le braccia bagnate di brina e brezza mattutina.
Sentire il silenzio del mondo.
Scrisse Magritte.
Era questo il suo cruccio. Forse.
Lo chiamavano “il Sabotatore Tranquillo”, Renè, sapete?
Da ragazzo, dopo l'accademia, comincia a lavorare come grafico: disegna carta da parati.
A 27 anni decide che è il momento di dar spazio alla pittura.
Quanti di voi hanno 27 anni oggi?
Quanti di voi hanno 27 anni dentro?
Ci pensate? Questo ragazzo dall'animo sensibile di artista che deve disegnare carta da parati, senza contenuti e tanta tecnica.
Costretto in una forma che non è sua: ha ribaltato i ruoli. Basta tecnica: è il momento di lasciare largo spazio ai contenuti. Il surreale, dove il senso delle immagini è un concetto che NON vuole ricopiare la realtà.
Gioca coi sensi di noi spettatori e con le nostre radicate convinzioni logiche.
Cerchiamo sempre spiegazioni, vogliamo sempre una risposta.
Sempre in cerca di logiche e addizioni: 2 + 2 fa 4.se è giorno non è notte.
Se tua madre è morta quando avevi 14 anni, se si è suicidata nel fiume e tu hai visto il corpo esanime ed un lembo del vestito attorno al volto:
è questo il trauma. Di sicuro.
La mamma di Magritte è morta così e lui vide il corpo senza vita e senza volto, coperto da un lembo del suo stesso vestito suicida.
Nei suoi quadri, spesso i personaggi hanno una coperta bianca attorno al volto.
E tutti legano queste immagini e sono certi della connessione col suicidio.
René però negò sempre questa spiegazione.
Ma noi no.
Non ci fidiamo e supponiamo, supponenti, di saperne più di lui.
Mi spiace chiudere in tristezza questo episodio estivo. È già agosto, oggi che registro.
Ma in fondo il quadro è senza gente, è solitario e senza uomo “palesato”: ne intuisco la presenza in quelle due finestre accese, perché “di logica” se una finestra è illuminata, allora dietro i vetri e nella stanza c'è qualcuno.
Magritte non tornò più nel Belgio. Non vide più quel lampione solitario.
Muore nel 1967 per un cancro al pancreas. Nel giorno di Ferragosto, il 15.
Quel giorno che di solito sei in spiaggia col falò e la luce è fioca come quella del lampione in giorno-notte.
Commentaires