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Immagine del redattoreMayra Stella M.

Il Precariato della Professione Artista

Con l'Arte (non) si mangia


Qual era il Problema Attuale?

Ah, sì: il Precariato nel mondo del Lavoro; Professioni a rischio.

Specialmente in questa epoca post-COVID.

Ho spiegato nell’episodio precedente un po’ di termini e perché l’Arte è un Lavoro degno di questa parola ed altrettanto quella dell’Artista è una Professione.

Oggi è il turno del parla come mangi.

E di cibo parleremo.

Ho sicuramente bisogno dell’aiuto di un grafico: un grafico Cartesiano, intendo, sapete?

Di quelli “a croce”.



Ah: e giusto perché non siamo tutti uguali …

asse delle ascisse: x, linea orizzontale;

asse delle ordinate: y, linea verticale.Il nostro asse delle ascisse indicherà la competenza = specializzazione tecnica;

il nostro asse delle ordinate indicherà l’intraprendenza = capacità imprenditoriale.

Ricaviamo quattro quadranti con le quattro combinazioni possibili, cominciando dal primo in alto a destra: molta intraprendenza, grandi doti imprenditoriali e molte competenze, specializzazione tendente al massimo. E così via: ci siamo capiti, no?

Pensiamo al cibo: in ogni quadrante collocheremo una categoria di cibo, in base alla facilità di preparazione.

Teniamo ben presente che non stiamo parlando di cibi immangiabili: ciascuno di questi quadranti presenterà dei cibi ottimi al gusto (che metaforicamente rappresentano un lavoro svolto al top: così come anche un piatto pronto può essere ben più che gustoso al gusto, analogamente anche il lavoro più semplice può essere svolto a livelli eccellenti o da schifo).


ZUPPA, INSALATA: sinceramente, è molto difficile essere in grado di trasformare una zuppa o un’insalata in un piatto a 5 stelle Michelin. Converrete con me, Voi che la maggior parte delle volte NON prendete insalate o zuppe in pit-stop e mense self service. Questo perché? Esatto, perché sapete già che al 98,8% non sarà buono e a quel punto meglio un panino. Eppure magari la zuppa l’ha preparata una persona in carne ed ossa, mentre il panino è confezionato, un piatto pronto, appunto … quindi lo vedete che il cibo pronto non è, tutto sommato, sempre una cattiva idea?


Questo perché?

Perché per preparare un’insalata o una zuppa da Re, c’è bisogno di essere Maestri di cucina. E di intraprendenza: innanzitutto devi essere bravo e specializzato a scegliere ingredienti eccellenti perché glorifichino una categoria alimentare così poco pop. E per di più devi essere anche intraprendente e spiccato a proporlo al tuo cliente interlocutore come qualcosa di nuovo e attraente. Questa capacità di rendere un’insalata affascinante è dote di pochi. Ed è Spirito Imprenditoriale.


Necessiti di estrema competenza e conoscenze della tua attività e degli strumenti di cui ti servirai per succhiarne il meglio. Dovrai costantemente aggiornarti ed occuparti personalmente delle decisioni e del dettaglio: dal personale, il team con cui lavorerai, alla fornitura dei prodotti, le materie prime. Dovrai gestire e coordinare fondi e finanziamenti e dovrai pure essere bravo a trovarli, questi fondi.


Ed eccola lì anche nell’arte: la ZUPPA; l’INSALATA. Quella a 5 stelle, però, eh.

È il Genius Loci, quello che nasce una sola volta, Leonardo, Picasso, Dalì.

Oppure i Collettivi, o meglio: le Avanguardie. Le Avanguardie sono le Zuppe a 5 stelle Michelin della Storia dell’Arte.

Che poi lo dice anche il proverbio: l’unione fa la forza.


LA RICETTA PERFETTA: quella che la esegui alla perfezione, ottima, eccellente, ma … chi l’ha fatta? Non c’è la traccia dell’identità di chi ha svolto quel lavoro perfetto; potrebbe essere figlio di qualunque bravo stakanovista che ha seguito pedissequamente le istruzioni.


Cosa caratterizza questa area?

In primis, grandissima specializzazione tecnica, eccellenti competenze. Ma in un ruolo perfettamente sostituibile da chiunque butti il sangue – si dice al mio paese – sul lavoro che fa. Un clone di equa bravura. Un infermiere. Un perfusore cardiovascolare, un anestesista. Mi vengono in mente solo ruoli medici probabilmente perché nella fattispecie sono professioni che richiedono estrema dedizione al limiti della vocazione spirituale, eppure è difficilissimo emergere, anzi: far emergere sé stessi in una traccia che rimanga nel futuri storico.


La ricetta perfetta è riuscita … uguale e identica al libro. Come un copista. Un artigiano.

Massima competenza e specializzazione. Poca, tendente a zero e sottozero imprenditorialità.

Che sennò ti apri uno studio privato.

Ps.

Vi ricordo che ho scritto anche sulla differenza tra Artista e Artigiano.


CIBO PRONTO e SURGELATI o PRECONFEZIONATI: questo è il nostro terzo quadrante, quello con meno competenze e meno intraprendenza.

Indovinello: qual è quel cibo che può preparare chiunque, ma proprio CHIUNQUE non abbia la minima specializzazione alimentare, zero soldi e zero voglia di applicarsi anche un minimo alla cucina?

Esatto: il cibo surgelato o pronto.

Poche istruzioni, poco tempo.


Nel corrispettivo lavorativo, parliamo di lavori d’esecuzione, lavori che possono essere svolti da tutti ed il cui ruolo è facilmente rimpiazzabile. Potremmo banalmente chiamare in causa call center, operai di fabbrica, ma anche laureati che operano in settori talmente affollati che si trova immediatamente qualcuno con cui rimpiazzarti. Qui entriamo in un’altra problematiche che è il concetto di Rarità Lavorativa e la sua relatività al momento storico. Non mi dilungo qui – semmai ne parliamo un’altra volta – ma il punto è: un ruolo, una figura è più o meno rara in base al momento storico in cui appare ed al contesto territoriale in cui nasce.


Tornando al cibo: i piatti precotti. Sono l’artista della domenica.

Non volermene, ma: per quanto eccellente potrà essere il tuo prodotto, se non è frutto di una dedizione quotidiana non potrà essere considerata una professione. Né lavorativa né spirituale. Perché è frutto di un impeto. O di una necessità. Ma saltuaria: come la fame improvvisa che non hai il tempo di cucinare; come la fretta di un momento, di soddisfare la tua pancia o il tempo libero quando è breve come il languore pre-pranzo o la fame di mezzanotte.


PIATTI TRADIZIONALI: la PASTA.

Come potevo non tirarla in ballo, la nostra Pasta Regina Mundi?

Chi vince con la Pasta? Gli Italiani. Qualunque (quasi: io no) italiano.

Chi guadagna con la pasta? Sempre gli italiani, ma questa volta non chiunque. Solo quelli intraprendenti, talmente coraggiosi da aprire un’attività all’estero o talmente sgamati da vendertela in Italia agli Italiani.

Servono poche competenze base, empatia e grande intraprendenza.

Devi essere brillante per emergere laddove quasi chiunque sarebbe capace. Laddove le competenze non sono la carta vincente, lo sono le intuizioni: sono le intuizioni che fanno la differenza.

O chi apre un bar: pensateci un secondo. Un Bar è un italiano che vende il caffè ad un altro italiano.

La Pasta dell’Arte è chi progetta e fa fare. Chi ha l’intuizione e poi va a pescare dal secondo quadrante qualcuno che colmi i tecnicismi che lui non eseguirà.

Volete un esempio?

Ricco e progettuale: Jeff Koons che non gonfia i palloncini col suo fiato; Cattelan che non l’avete mica visto in Piazza Affari a scolpire il Dito Medio; Damien Hirst che non ha incastonato i diamanti uno ad uno sul suo teschio, For the Love of God!



Ed eccolo completato il nostro grafico.

Questo per dire cosa: la precarietà del lavoro esiste ed è presente; e ruota nelle epoche storiche e nelle Regioni del Mondo in base alla Resilienza dell’uomo.

L’Artista nello specifico ne è forse penalizzato più del dovuto: ma non è sempre stato così e vi assicuro che con l’Arte ci hanno mangiato in tanti.

Andate a chiederlo ai Mecenati.

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