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Immagine del redattoreMayra Stella M.

Artista: è una Professione?

CON L’ARTE (NON) SI MANGIA – il precariato della professione Artista – Parte 1



Problema Attuale: Precariato nel mondo del Lavoro; Professioni a rischio.

Ne avete fatto indigestione, di queste notizie, informazioni, preoccupazioni. Vero? E se non siete direttamente coinvolti, conoscete almeno una sola persona che ha perso il lavoro o è lì sul filo del rasoio; specialmente considerato l’irripetibile – speriamo – periodo storico post-COVID.

E vogliamo parlare degli Artisti? Il loro Lavoro è a rischio? E la loro Professione?

Ma soprattutto: quella dell’Artista, è davvero una Professione?

Siamo onesti: se pronunciamo le parole Lavoro e Professione, pensiamo in senso lato anche all’Arte? E viceversa?

Siamo onesti: no.

Perfino Tu, Artista che stai leggendo, hai quasi difficoltà a definirlo Lavoro.

Vocazione, Passione, Diletto. Hobby, Genio, Creatività.Ma Lavoro proprio no. Eppure c’è gente (non molta: quantobasta, come nelle ricette della Prova del Cuoco) che ci paga le bollette, col frutto dell’Arte. Ci paga le bollette, l’affitto, la vacanza e la spesa.

L’Artista è una professione. E con l’Arte si mangia.

Ma sapete qual è il vero problema?

Le definizioni. Il problema è che non sappiamo cosa significa ciascuna di queste parole.

Quindi, prima di spiegarvi come funziona la disponibilità del lavoro e come calcolare la precarietà delle professioni, guardiamo un attimo insieme cosa dice il dizionario a proposito.

Prendiamo un dizionario a caso: Treccani. Sempre fidata.


LAVORO: qualsiasi esplicazione di energia volta a un fine determinato; l’applicazione delle facoltà fisiche e intellettuali dell’uomo rivolta direttamente e coscientemente alla produzione di un bene, di una ricchezza o comunque ad ottenere un prodotto di utilità individuale o generale. L’Attività stessa applicata praticamente ad un oggetto determinato.


PROFESSIONE: qualsiasi attività lavorativa abituale; chi svolge un’attività come principale e abituale, non casuale o dilettantesca (quindi – abbiate pazienza, pittori della domenica – in quel caso NON si parla di professione). Pongo ulteriore accento sulla gemellare provenienza per il termine professione inteso come sostantivo dal verbo professare: la professione è anche dichiarazione di qualche cosa specifica – opinione, sentimento, corrente ideologica.

In quest’ottica, nel caso dell’arte potremmo addirittura parlare di doppia professione o Professione Quadra: l’Artista è un ruolo-Professione in quanto attività lavorativa principale ed abituale, ma l’Arte stessa prodotta dall’Artista di professione è una professione essa stessa in quanto dichiarazione del suo qualcosa – opinioni, sentimenti, correnti ideologiche.


PRECARIATO: la condizione del lavoratore temporaneo con un contratto a termine. Laddove contratto può essere considerato il singolo progetto artistico, che si tratti di libera ispirazione, commissione o studio progettuale.


PRECARIETà: il termine in sé è giovanissimo, nasce solo negli anni Novanta, coniato dall’economista Paolo Sylos Labini. Indica la condizione lavorativa insicura caratterizzata dalla mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro, che non riescono a percepire un reddito adeguato alla pianificazione della propria esistenza presente e futura.


Ora: sui fattori che causano la precarietà, sul come si è gestita la Legge, lo Stato, dagli anni 90 ad oggi, non sarà materia dei miei video, né oggi né – ahimé – mai.

Che sennò ero economista e non stavo a far video gratis su YouTube. #tuttipovery


Terminata la mia oratoria sulle definizione ed assodato che l’Artista è una professione, possiamo finalmente passare alla seconda parte del video e parlare di come funziona la “facilità” di trovare lavoro – o meglio: è più importante l’intuizione? La specializzazione?

Le competenze? Tutto insieme?


Mayra: ma parla come mangi.

Ebbene: procediamo col cibo.

Esatto: è proprio come il cibo, il lavoro.

Ma siccome questo articolo sarà già durato un’epopea, il resto ve lo racconto nel prossimo.

E poi, diciamoci la verità: in quanti sarete ad essere arrivati alla fine dell’articolo?

Pochi. Molto pochi.

E ve ne sono grata.

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